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Articolo a cura del Dott. Alessio Focardi, psicologo – L’autoinganno è il meccanismo di difesa regio, sotto la cui cupola si ammucchiano vari tipi di meccanismi di difesa, ed è universale, poiché tutti ne facciamo uso, in qualche maniera e in qualche misura. Può essere definito come un pezzo mancante nella consapevolezza, un buco nell’attenzione che forma un parte cieca e ci rende incapaci di vedere le cose come sono nella realtà.

Daniel Goleman definisce l’autoinganno un baratto fra ansia e consapevolezza: quando un evento provoca in noi stress o elevati stati di ansia, inconsapevolmente ci difendiamo creando un vuoto nell’attenzione.
Questo meccanismo di difesa ha una funzione adattiva, funzionale, serve infatti a difenderci dagli attacchi che subisce la nostra autostima. Diminuire l’attenzione, per evitare di vedere dei contenuti minacciosi che creano stress, è un modo per lenire il dolore e difendere la nostra autostima da questi attacchi.
Questa modalità di difesa ha però delle conseguenze negative. Infatti, da utile e funzionale, se utilizzata in maniera eccessiva può trasformarsi in un meccanismo disfunzionale, che produce effetti negativi. Innanzitutto dissemina la nostra consapevolezza di vuoti, rendendoci meno lucidi e capaci di occuparci con chiarezza delle problematiche della nostra vita, portandoci quindi a ripetere sempre i soliti errori. Inoltre, può portare a sviluppare alcune malattie psichiche, fra cui il disturbo d’ansia, fobie di vario tipo, oppure malattie psicosomatiche.
Per di più, una coscienza disseminata di vuoti e di contenuti distorti è una coscienza che inevitabilmente spinge l’individuo lontano dalle sponde della propria autenticità e quindi lo distanzia dalla propria forma realizzativa, condannandolo a vivere una vita non sua, in balia dei condizionamenti ricevuti.
Uno degli obiettivi della psicoterapia è – o dovrebbe essere – quello di mettere in contatto la persona con il proprio vero Sé – la parte più profonda e autentica di sé stessi –, per renderlo meno vulnerabile ai desideri ingannevoli, spesso frutto di condizionamenti esterni e quindi in disaccordo con la propria vera natura. Il percorso psicoterapico deve riuscire a indirizzare l’individuo verso l’auto-miglioramento e la realizzazione di sé stesso.
Credo che la tendenza all’autorealizzazione sia universale – una brace spenta, fievole o fiammeggiante nel cuore psichico di ogni essere umano. Allenarsi a ricercare con metodicità la parte più profonda di noi stessi ci spinge ineluttabilmente verso lo smascheramento delle nostre illusioni, delle nostre personali forme di autoinganno. Ma per raggiungere la nostra parte più autentica e mostrare a noi stessi il nostro vero volto, dobbiamo essere in grado di spogliarci dai condizionamenti – almeno per quanto ci è possibile –, dalle paure che ci attanagliano e ci tengono legati a false illusioni.
Rinunciare alle nostre illusioni è difficile, ma non impossibile. L’autoinganno ha un significato molto profondo, perché serve a difenderci dagli attacchi che la realtà sferra contro la nostra autostima. Però ogni volta che riusciamo a disvelare un autoinganno disposto dalla nostra mente, dal nostro comprensibile bisogno di difenderci dalla realtà, effettuiamo un ulteriore passo verso l’autorealizzazione.