Fin dall’antichità l’amianto, dal greco αμίαντοσ (incorruttibile), ha avuto un largo utilizzo: già nel terzo millennio a.C. era usato come rinforzo in utensili in terracotta, nel medioevo, ai confini tra magia e medicina, era usato a scopo terapeutico per azione sclerosante nella cura delle ulcerazioni, inoltre è stato presente nella farmacopea americana almeno fino agli anni ’60 come polvere podologica e pasta dentaria per otturazioni e mal di denti. L’amianto o asbesto è un minerale a struttura fibrosa 1300 volte più sottile di un capello. In Italia, e ancora oggi in molti paesi, è stato impiegato in modo massiccio per le sue molteplici proprietà: fonoassorbenti, termoisolanti, ignifughe, resistente alla trazione (freni e frizioni), isolante elettrico, resistente all’acqua, ed essendo una fibra, possibilità di essere filato e tessuto anche frammisto ad altre fibre come in passato nelle tute e guanti dei vigili del fuoco. In Italia i comparti lavorativi con maggior impiego tra gli anni ’60 e ’80 sono stati: l’edilizia, l’industria tessile, la cantieristica navale e ferroviaria. Nonostante la legge n.257 del ’92 abbia vietato l’impiego dell’amianto in Italia, il nostro Paese sopporta ancora oggi le conseguenze date dal suo intenso utilizzo. Nel 1907 nasce lo stabilimento “Eternit”di Casale Monferrato, il più grande stabilimento d’Europa fino al 1986 per la produzione di manufatti in cemento-amianto, nello specifico, lastre ondulate usate spesso per la copertura di tetti e capannoni e tubi in fibrocemento per la costruzione di acquedotti. A Balangero troviamo invece la più grande miniera di amianto d’Europa, sfruttata dal 1916 fino alla chiusura nel ’90.
L’esposizione alle fibre di amianto può essere essenzialmente professionale, ambientale e familiare, e avviene per inalazione. Ci sono stati casi di mesotelioma tra conviventi di operai che portavano a casa le tute da lavoro per essere lavate. Oggi l’eventuale esposizione professionale riguarda gli addetti alla bonifica, rimozione e smaltimento dell’amianto; queste attività lavorative vengono comunque svolte in sicurezza mediante l’utilizzo di specifici dispositivi di protezione individuale per le vie respiratorie, secondo rigorose norme per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro disciplinate già a partire dai primi anni ’90. Le patologie asbesto correlate possono essere non neoplastiche come l’asbestosi, placche pleuriche, versamento e ispessimento pleurico e neoplastiche come il mesotelioma pleurico e carcinoma polmonare.
Il rilascio di fibre con possibile rischio per la salute è più elevato con l’amianto in matrice friabile rispetto a quello in matrice compatta. L’intervallo di latenza convenzionale, ossia dall’inizio dell’esposizione alla comparsa della patologia, è di circa 15-20 anni per l’asbestosi e fino a 40/50 per il mesotelioma. Nel 1992 in Italia erano presenti 32 milioni di tonnellate di amianto; ogni anno si bonifica circa l’1% del totale e dopo 25 anni siamo ad un quarto del lavoro che riguarda soprattutto le coperture dei tetti. Ciò significa che per altri 70- 80 anni dovremo convivere con la sua presenza. In Toscana la rimozione è di circa 20 mila tonnellate l’anno, nel 2011/2012 è stata di circa 26 mila tonnellate grazie agli incentivi del conto energia per l’installazione di impianti fotovoltaici al posto delle coperture in Eternit. Tante sono le iniziative di sensibilizzazione e Onlus a sostegno delle famiglie vittime di amianto e degli ex esposti. Tra le iniziative ricordiamo la mostra itinerante denominata “Basta Amianto”, nata a Firenze nel 1991, con il supporto della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, tutt’oggi presentata in tante città italiane che informa su come riuscire a convivere con questo pericolo in condizioni di sicurezza.