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Se il burro, quando incontra un’acciuga dissalata e sfilettata con la complicità di un buon pane, ti mostra un inarrivabile stato di benessere, puoi azzardare una seconda potente alchimia bianca: dentro una  tazza versa prima olio extra, poi deponi 9 filetti dissalati di queste ballerine di Dio (9×4 nella suddivisione faranno 36), aggiungendo poi, in pari misura al verde torchiato di olive, del buon aceto di vino. Sarà un’esperienza forte, dove la  salivazione cessa di essere prosaicamente un’ “acquolina in bocca” e si fa enzima per nutrire i nostri amici batteri e le nostre cellule con una masticazione di una fetta di pane vero. Dovrete appoggiare quest’ultima sopra l’olio galleggiante  e poi, sulla sua accogliente superficie, depositerete con attenzione tre acetosi filetti. Dopo qualche morso le labbra saranno riarse dall’acetoso intingolo e dalla “salitudine” delle acciughe, incapaci di fermarvi per ordine perentorio dei vostri numerosi cervelli. Per dissetarvi non potrete che bere acqua o, al massimo, un innominabile acquerello così caro ai nostri padri ma così disprezzato dai nasi esperti di degustazioni sputacchianti (orribile atto di profanazione dei falsi profeti del vino che, fingendosi intenditori, al massimo rischiano di essere archivisti di annate ed etichette). Costoro, fingendo apprezzamento, mostrano in realtà il loro disprezzo rendendosi indisponibili alla bellezza di Dioniso e si liberano dal sorso di alcooI sputando in orribili infernali bacinelle contenenti così i loro liquidi salivanti. Già questo vale  per me la necessità di una fuga da quei contesti dove fra l’altro, fra un bicchiere e l’altro, ti offrono sempre, si fa per dire, falsi grissini ed inutili cracker che  per la loro apparente insipienza non dovrebbero, secondo gli stolti diavoli, influire sul racconto del vino (che Pan, il santo protettore dei bravi panificatori, possa perdonarli!). Se stappo bottiglie, bevo la linfa della vita e, grazie all’eucauristico prodigio, sono sicuramente in stato di grazia con amici, con la vigna, i vignaioli, con i cantinieri e un tavolo di “semplici” fraterne avventure costellate  di pecorini, salami, lardo e pane, con burro, con acciughe, tutte cose   perfette per degustare il vino come tante altre cose. Dunque, tornando alla nostra alchimia, credetemi: una fetta di pane dovrà sostenere solo tre filetti. Saranno così 12 inzuppate, oliose e acetose superfici con olio, aceto e acciughe e, per dissetarvi, godetevi due quarti di vino del contadino e un quarto di fresca acqua, ma sì anche gassata…Siate prudenti, fatelo non visti da diavoli e diavolacci e considerate questo gesto come la scoperta di una  serenità gioiosa. Grazie alla serotonina vi sentirete meglio perché starete meglio: avrete condiviso, con il Minuscolo e il Maiuscolo, l’atto del nutrimento.