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Articolo a cura di Dott.ssa Elisabetta Surrenti, Dott.ssa Lucia Caligiani psiconcologhe – In questi anni con l’incremento delle patologie croniche e quindi l’aumento dell’aspettativa di vita l’interesse verso l’approccio bio-psico-sociale ha avuto un notevole incremento.

Già a partire dagli anni 50 negli Stati Uniti con la costituzione delle prime associazioni di pazienti stomizzati e donne operate al seno, si sviluppa Presso il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York il primo Servizio autonomo finalizzato all’assistenza psicologica del paziente oncologico.
Il cancro infatti rappresenta sempre, per il paziente e per la sua famiglia, ma anche per i gli operatori, una prova esistenziale sconvolgente. Questa prova riguarda tutti gli aspetti della vita della persona: il rapporto con il proprio corpo, il significato dato alla sofferenza, alla malattia, alla morte, così come le relazioni famigliari, sociali, professionali. È naturale che data la complessità degli interventi terapeutici sia necessario l’utilizzo di un modello d’intervento il più possibile integrato con tutte le figure professionali che sono coinvolte nel percorso di cura. In particolare l’impatto del cancro è un’esperienza esistenziale totale che tocca tutti gli ambiti della vita del paziente, sia a livello relazionale che individuale.
È dunque necessario capire la sofferenza del paziente momento per momento e monitorare l’impatto emotivo della malattia e delle terapie ad essa correlate per garantire una migliore qualità di vita e un’assistenza completa.
In questo senso esiste una carta Europea dei diritti del malato oncologico del 2008 in cui si invitano gli stati membri dell’U.E ad attivare procedure capaci di rispondere ai bisogni psicosociali delle persone con cancro nella assistenza clinica oncologica, nella riabilitazione e negli interventi di follow-up post-trattamento.
La specificità della psiconcologia consiste nel rivolgersi ad un paziente il cui il disagio è dovuto ad aspetti psicologici, sociali e spirituali che il trauma della malattia oncologica inevitabilmente genera. Se non precocemente intercettate e valutate quelle che sono normali reazioni emotive all’evento possono evolvere in psicopatologia cronica.
Si rende necessaria l’individuazione dei bisogni psicosociali attraverso strumenti che siano capaci di rilevare il bisogno specifico della persona all’interno del suo contesto, al fine di definire interventi “mirati” per ogni fase di malattia e patologia d’organo.
Per questo la psiconcologia considera l’integrazione multidisciplinare un requisito indispensabile per l’attuazione di una cura che tenga  conto del malato nella sua globalità.
Lo psiconcologo a sua volta deve avere una specifica formazione che non può prescindere da conoscenze di area psicologica e medica.

Come si approccia la struttura di psiconcologia con le persone che vi si rivolgono ?

Da un punto di vista metodologico ci rifacciamo alle linee guida della Società italiana di Psiconcologia (S.I.P.O).
Dopo un primo colloquio di assessment (in cui viene somministrato un test validato in grado di rilevare il distress emotivo)  si propongono, in base alle esigenze emerse, percorsi psicologici di tipo supportivo/espressivo (es. gruppi di medicina narrativa) o interventi psicoterapeutici (individuali, di gruppo, di coppia, familiari).
L’assessment psicologico deve essere peculiare e rispettare la personalità del paziente cercando di comprendere come gli effetti della malattia e della terapia incidono su quel paziente.
Il cancro e le terapie conseguenti minacciano e attaccano contemporaneamente organi e sfere psichiche profonde che hanno a che fare con l’identità, la sessualità, la genitorialità, l’angoscia di separazione col rischio che il  tempo vissuto durante la malattia, definito spesso dai pazienti come “il tempo sospeso”  ovvero quello delle attese tra una risposta diagnostica e l’altra, non si trasformi in un tempo “immobile” in cui il futuro diventa una minaccia che blocca la capacità di progettare la propria esistenza.
L’obiettivo è quello di sostenere i pazienti e i familiari nella riattivazione dinamica delle risorse interne positive legate ai fattori di resilienza.

A cosa soprattutto deve rivolgere l’attenzione lo psiconcologo?
Ai vari elementi che interagiscono con il paziente oncologico e che ne determinano la Qualità di Vita: paziente, familiare ed equipe curante.
Rispetto all’equipe vorrei soffermarmi su un fatto importante e cioè che l’adattamento alla malattia ed ai trattamenti dipende in larga misura dalla qualità dell’approccio relazionale dell’équipe curante. In quest’ottica è dunque fondamentale favorire una continua comunicazione tra oncologi e psiconcologi al fine di condurre un’azione sinergica per il miglioramento della qualità di vita del paziente e dei suoi familiari. Lo psiconcologo in questo senso svolge una funzione di interfaccia tra pazienti, caregiver e oncologi,  rispetto ad esempio alla comunicazione, la compliance ai trattamenti, e alla gestione emotiva della relazione tra di loro. In questi anni è stata faticosamente portata avanti la delicata manutenzione delle equipe in tutti i presidi, con attività periodica di gruppo.

Quali sono i progetti portati avanti dalla struttura di psiconcologia?

Molti sono i progetti che abbiamo portato avanti in questi ultimi anni che hanno in comune la narrazione. In ambito oncologico la narrazione delle esperienze di malattia assume un ruolo fondamentale per la rielaborazione del trauma dalla fase diagnostica, a quella delle cure attive, fino alla fase terminale. Abbiamo sperimentato l’uso di un mezzo come la fotografia per facilitare l’espressione delle proprie emozioni prima in gruppo e poi quando le pazienti si sono sentite pronte abbiamo pensato di relazionarci con l’esterno attraverso una mostra fotografica dal titolo Veggieseno che il Comune di Bagno a Ripoli ha ospitato negli splendidi locali dell’Oratorio di S. Caterina dai quali si  intendeva lanciare un messaggio alla popolazione costruendo un ponte tra chi sta vivendo o ha vissuto questa esperienza e l’altro.
In questo momento sono attivi anche gruppi di mindfullness e tecniche corporee così come di arte terapia.
Abbiamo in cantiere un’altra sperimentazione nella quale il mezzo attraverso il quale ci si può narrare diventa un gioiello infatti attraverso la collaborazione con una designer le pazienti creano il proprio monile con frammenti della loro storia personale.
Nel futuro prossimo stiamo lavorando anche ad un laboratorio teatrale perché il teatro ha la importantissima peculiarità di permettere l’espressione del verbale ma anche del non verbale attraverso il corpo.