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A cura della Dott.ssa Cristina Mencarelli – La paura dell’acqua, detta in psicologia “idrofobia”, è la paura ingiustificata e ossessiva verso le sostanze liquide e l’acqua in particolare. La “talassofobia”, invece, è la paura del mare e delle acque profonde.
L’idrofobia può essere da un lato la conseguenza di un’esperienza negativa avuta con l’acqua, ad esempio aver rischiato di affogare, aver bevuto, essere andato sott’acqua con la testa, avere bruciore agli occhi, non toccare il fondale con i piedi, aver paura del colore scuro dell’acqua, aver paura degli animali che nuotano sotto, oppure apparentemente non è presente una causa scatenante, ma è associata a paure irrazionali più profonde come ad esempio la paura di non avere il controllo, di perdersi, di affogare e di non riuscire a respirare.
Nella maggioranza dei casi le due paure, idrofobia e talassofobia convivono nel soggetto causandogli notevoli disagi. La fobia dell’acqua è una fobia specifica e si manifesta ogniqualvolta il soggetto si trova in presenza di una situazione a rischio.
La paura patologica dell’acqua spesso nasce quando siamo bambini, dopo un trauma (anche aver ingerito un piccolo sorso) e fino a quando siamo piccoli riusciamo con più facilità a superarla, perché il sistema nervoso è ancora plastico e facilmente modificabile, anche sotto l’aspetto emotivo. La paura, intesa come una risposta fisiologica a uno stimolo che il cervello (anche inconsciamente) considera minaccioso, è un sentimento necessario, perché ci permette di stare lontani dal pericolo. Quando, però, s’innesca di fronte a situazioni obiettivamente non pericolose, si trasforma in ansia e scatena appunto la fobia.
Avvicinarsi all’acqua o immaginare di doversi bagnare o immergersi può causare nel soggetto idrofobico crisi di ansia e in alcuni casi attacchi di panico.
Tale reazione ingiustificata e incontrollata è causata da paure più profonde che la persona associa all’acqua come ad esempio la paura dell’ignoto, di cadere, di morire, di non respirare o di perdere il controllo.
La reazione immediata è quella di allontanarsi da ciò che genera paura, innescando il meccanismo dell’evitamento. Il soggetto evita tutte le situazioni in cui potrebbe trovarsi a contatto con l’acqua per non sperimentare le sensazioni che lo fanno stare male.
La paura dell’acqua può essere anche il sintomo della rabbia, tanto che il termine idrofobia viene comunemente utilizzato come sinonimo di questa malattia. L’idrofobia è diffusa soprattutto nei bambini e tende a scomparire dopo i 12 anni, ma in alcuni casi può essere mantenuta o addirittura sviluppata in età adulta.
Nei bambini piccoli, in un’età compresa tra i 2 e i 5 anni, ma in alcuni casi anche fino a 8/9 anni, è una paura piuttosto diffusa, in quanto sia la temperatura più fredda che il trovarsi di fronte a una distesa d’acqua senza limiti può intimorire e non far sentire il bambino a proprio agio e in un ambiente rassicurante per lui.
Essi possono cominciare a piangere in modo inconsolabile, possono mostrare segni di irrequietezza motoria, tachicardia, rossore in viso, pressione al petto, irrigidimento di gambe e braccia, affanno e aumento della sudorazione.
Il ruolo del genitore in questi casi quindi è molto importante per cercare di far vivere al bambino un’esperienza positiva con l’acqua. Ci vuole tanta comprensione.
Il timore dell’acqua tende a diminuire pian piano solo se al bambino viene offerta l’occasione di conoscere meglio l’elemento acqua e di misurarsi con esso. I genitori, prima di tutto, devono mostrarsi sereni davanti alla sua paura e senza lasciarsi catturare da stati di nervosismo, al contrario si trasformino nel modello da imitare. Il bambino deve ricevere il messaggio di quanto possa essere divertente fare tuffi e immersioni. Si utilizzi nei primi tentativi ciò che lo può aiutare a stare più a suo agio in acqua come i braccioli e la ciambella. Lentamente il bambino può superare la paura dell’acqua solo se impara a conoscerla e a prendere confidenza.
Se l’adulto entra in ansia perché teme che il bimbo possa farsi del male o possa ingerire dell’acqua accidentalmente, l’agitazione verrà trasmessa anche a lui. I bambini, anche quelli di pochi mesi, sanno leggere le emozioni attraverso lo sguardo e sanno distinguere benissimo il volto di un genitore preoccupato. Non appena vedranno il terrore sul suo viso, inizieranno a piangere, spaventati dall’idea che possa accadere qualcosa di brutto.
Nel fare il bagno, il genitore deve mostrarsi rilassato e tranquillo come se fosse un fatto assolutamente naturale. Può permettergli di immergersi con qualche giocattolo, si sentirà più sicuro, o incuriosito se gli viene regalata una maschera per guardare il fondo in un punto molto basso, dove tocca. Spesso i bambini ansiosi hanno alle spalle genitori convinti che i propri figli avranno difficoltà a superare le prove della vita. Anche imparare a nuotare è una piccola sfida, ma se non lasciamo loro la giusta dose di fiducia, potrebbero non avere il coraggio necessario per fronteggiarla.
Anche negli adulti l’idrofobia si può trasformare nella paura di non riuscire a gestire la situazione che si viene a creare, di perdere il controllo, e può scatenarsi da un momento all’altro.
Si va da una sensazione di disagio alla paura vera e propria, fino alla fobia, che è il termine tecnico con cui gli psicologi indicano “un timore irrazionale e invincibile per oggetti e situazioni che, di solito, non dovrebbero spaventare”.
L’idrofobia può condizionare la vita personale e relazionale del soggetto se non viene curata in tempo. La paura dell’acqua si manifesta il più delle volte nella forma più lieve che comporta paura di immergersi, di nuotare e in generale dell’annegamento. Le conseguenze più evidenti possono essere non saper nuotare e il non sopportare di immergere la testa nell’acqua seppur per brevi periodi. Nei casi più gravi l’idrofobia sfocia anche nella paura di lavarsi e di bere, con gravissime conseguenze per la salute dell’individuo.
Questa paura non deve però essere considerata negativamente, ma dobbiamo vederla più come una forma di auto-protezione istintiva, che ci segnala che c’è qualcosa che non va; è per questo che non dovrebbe mai essere sottovalutata o nascosta, in quanto il suo non riconoscimento potrebbe portare a degli effetti completamente diversi come stati di ansia, stress, insicurezza e rigidità.
Il modo migliore per affrontarla è quella di renderla esplicita, ammettere di soffrire di questa fobia, in modo tale da trasformarla in uno strumento per conoscere la profondità di se stessi.
In questo modo, saremo in grado di capire qual è il reale motivo che scatena tutta questa reazione e di conseguenza capire anche quali sono gli strumenti per poterla affrontare ed eliminare una volta per tutte.
Questa ansia non scompare subito dopo aver affrontato la realtà che ci circonda, anzi, la persona è talmente consapevole dell’irrazionalità dei suoi timori, che non riesce ad affrontarli e a risolverli da sola.
La paura dell’acqua, essendo una fobia specifica, può essere curata con un approccio psicoterapeutico, mentre l’approccio farmacologico è adottato solo nei casi più gravi e solo per gestire i sintomi della fobia. Si possono far svolgere al paziente adulto degli esperimenti comportamentali che possono risultare utili per riabituare il soggetto al contatto con l’acqua e a insegnargli a gestire le sue ansie e le sue paure. Molto importanti, nel percorso di guarigione dalla paura dell’acqua, sono anche le tecniche di rilassamento, meditazione e respirazione, oppure frequentare corsi di addestramento in piscina con istruttori specializzati, durante i quali si può imparare a rilassarsi in acqua, a mettere la testa sott’acqua. Esistono corsi per ogni grado di paura. Non dimentichiamoci però che è fondamentale darsi il giusto tempo, non aver fretta e, se necessario, non esitare a provare diversi metodi.