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Cosa sono e come trattarle

A cura del Prof. Francesco Giron e del Dott. Michele Losco – Nella prima parte dell’articolo abbiamo visto che le lesioni meniscali possono avere una causa traumatica o degenerativa; una lesione meniscale può interessare il corno posteriore, il corpo, il corno anteriore o una combinazioni di questi, fino a interessare tutto il menisco. In base all’orientamento della lesione e della sua morfologia, invece, si possono riconoscere lesioni verticali, orizzontali e complesse.

Le lesioni verticali hanno un orientamento da superiore a inferiore e possono essere longitudinali o trasverse/radiali; sono frequenti in pazienti giovani e attivi e in associazione con lesioni dei legamenti. Le lesioni orizzontali invece consistono in un piano di clivaggio che si estende dal margine libero del menisco; fanno parte di queste lesioni le frequenti lesioni a “flap”. Le lesioni orizzontali sono le più comuni e sono frequenti in pazienti più anziani; in genere sono presenti in menischi degenerati e quindi non necessitano di un vero e proprio trauma per crearsi.

Le lesioni complesse sono un’associazione delle prime due e sono in genere il risultato di alterazioni degenerative del menisco associate a minimi traumi. Una lesione viene definita instabile se mostra una mobilità maggiore di 3 mm; le lesioni stabili, invece, solitamente non interessano tutto lo spessore del menisco (queste sono chiamate lesioni parziali) o sono molto piccole (inferiori a 5 mm di lunghezza).

La scelta del trattamento dipende non solo dalla morfologia, sede e stabilità della lesione ma anche da altri importanti fattori come età, la presenza o meno di lesioni ai legamenti, qualità del tessuto meniscale, tempo che è passato dal trauma e anche la motivazione del paziente. Non tutte le lesioni del menisco richiedono un intervento chirurgico: lesioni parziali e piccole stabili generalmente non richiedono chirurgia; anche buona parte delle lesioni degenerative (come le lesioni orizzontali e complesse) stabili possono essere trattate con buon esito con fisioterapia specifica, antinfiammatori per la fase acuta e, eventualmente, anche con infiltrazioni intrarticolari con acido jaluronico.

La terapia chirurgica prevede l‘esecuzione di una artroscopia attraverso due piccole incisioni di circa 1 cm: attraverso una di queste viene inserito dentro la cavità articolare l’artroscopio (una telecamera che permette di vedere dentro il ginocchio); l’altra incisione invece serve per manovrare gli strumenti chirurgici. In base alla tipologia e gravità della lesione può essere eseguita una meniscectomia totale, una meniscectomia parziale (o selettiva) o una sutura meniscale. La meniscectomia totale prevede l’asportazione in toto di tutto il menisco; anni fa era frequentemente eseguita ma oggi ha indicazioni limitate. I menischi infatti hanno funzioni importanti e la rimozione totale di un menisco porta, dopo anni, inevitabilmente alla comparsa di alterazioni degenerative cartilaginee fino ad artrosi precoce.

La meniscectomia parziale o selettiva quindi è attualmente il trattamento più eseguito: essa prevede l’escissione solo della zona lesionata, cercando di creare dei bordi netti e stabili. La funzione del menisco quindi in parte è mantenuta e sono descritti buoni risultati anche dopo molti anni dall’intervento. In alcuni casi è possibile infine eseguire una sutura meniscale, che consente sostanzialmente nel riparare la lesione del menisco invece che “portare via” il pezzo rotto. Trovano indicazione alla sutura pazienti giovani e motivati, che non abbiano lesioni dei legamenti (o in cui si associa una ricostruzione legamentosa); sono inoltre riparabili le lesioni rosso-rosse o bianco-rosse (che abbiamo visto sono quelle che hanno capacità di guarigione) e prevalentemente le lesioni verticali e piuttosto recenti. I tempi di recupero dopo una sutura sono in media più lunghi rispetto alla meniscectomia, ma, una volta guarita la lesione, i risultati clinici sono molto buoni, in quanto viene mantenuta completamente la funzionalità del menisco.

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