Aggiungi ai preferiti (0)
Close

Consigli pratici per medici e pazienti

A cura dell’Avv. Giuseppina Abbate – Il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore la legge 219/2017 sulle “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” nota anche come legge sul biotestamento. All’art. 1) si disciplina, per la prima volta in Italia, il consenso informato e, nel rispetto delle norme costituzionali (artt. 2, 13 e 32), si statuisce in materia di diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona. La norma, al comma 2), stabilisce che “è promossa e valorizzata la relazione di cura e fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico”. Al comma 8) si legge che “il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura” rafforzando così il principio che il momento dell’informazione tra medico e paziente è un momento fondamentale nel rapporto tra il sanitario e il paziente preliminare alle cure. Il consenso informato, infatti, non rappresenta una parte del trattamento sanitario ma costituisce un atto a sé stante dal quale scaturisce “legittimazione e fondamento del trattamento, atteso che, senza la preventiva acquisizione di tale consenso”, l’intervento del medico (salvo casi previsti dalla legge) “è sicuramente illecito anche quando è nell’interesse del paziente” (Cass. 11749/2018). Quindi, il medico è tenuto a fornire al paziente tutte le informazioni necessarie affinché questi conosca le proprie condizioni di salute e sia informato in modo comprensibile circa diagnosi, prognosi, rischi e benefici del trattamento sanitario che gli viene proposto, prevedibili conseguenze del trattamento, ivi compreso un eventuale aggravamento delle proprie condizioni di salute nonché le conseguenze in caso di rifiuto da parte del paziente a sottoporsi alle cure consigliate (c.d. dissenso informato). Il consenso è informato se è personalizzato, esaustivo, comprensibile, veritiero, obiettivo, libero, personale, manifesto, specifico e preventivo, ovvero il paziente ha diritto a ricevere informazioni veritiere, adeguate alla sua persona ed al suo stato di salute, con un linguaggio chiaro e semplice; ciò prima di ogni trattamento. Il consenso deve, altresì, permanere nel corso del trattamento ma può essere revocato. Dalla violazione del dovere di informare il paziente può discendere sia un danno alla salute che un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione. Tuttavia, in questa sede, si vuole porre l’attenzione sulla circostanza che la mancanza (o la genericità) del consenso informato è già di per sé idonea a provocare un danno nei confronti del paziente, che avrà diritto al risarcimento anche in assenza di errore medico. Il sanitario ha, quindi, due obblighi: il primo è quello di acquisire il consenso del paziente ed il secondo è quello di curarlo. Le due prestazioni non possono essere confuse in quanto la violazione del primo obbligo comporta la lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente, mentre la violazione del secondo obbligo comporta la lesione del diritto alla salute. Il sanitario, quindi, deve ricordare che l’obbligo informativo del medico è correlato al diritto del paziente di aderire consapevolmente al trattamento propostogli e che “la responsabilità per lesione del diritto all’autodeterminazione consegue alla violazione del dovere di informazione e può configurarsi anche in assenza di danno alla salute, allorché l’intervento abbia un esito assolutamente positivo” (Cass. 11749/2018).