A cura dell’Ing. Simone Molteni – Il lavoro delle api è fondamentale per il benessere dell’uomo: questi insetti tutelano infatti la biodiversità e assicurano la disponibilità di moltissimi alimenti. La morìa di questi animali, peraltro, è dovuta principalmente all’uso di pesticidi in agricoltura, nocivi anche per la nostra salute. LifeGate, con il progetto Bee My Future, si occupa di alveari in contesti urbani, biomonitorando lo stato di salute dell’ambiente circostante. Negli ultimi anni la popolazione di api e di altri insetti impollinatori ha subìto un calo: si è assistito a uno spopolamento, cominciato nel 2006, che ha colpito soprattutto le api operaie di Europa e Stati Uniti. In Europa, un’ape su dieci è a rischio. Inquinamento ambientale, malattie e parassiti sono i principali fattori di minaccia per la sopravvivenza delle api. Questo problema coinvolge molto da vicino anche la salute e il benessere dell’uomo. Secondo la Fao, infatti, 71 delle 100 colture più importanti al mondo si riproducono grazie all’impollinazione. Il 90% delle coltivazioni destinate a nutrire l’uomo conta sul lavoro che le api ci offrono gratuitamente. Se il numero di api continuerà a diminuire, molto presto non potremo più godere di alimenti come frutti di bosco, pesche, castagne, mele, mandorle, ma anche zucchine, pomodori e tantissimi altri ortaggi. Lo stesso vale anche per i prodotti caseari come latte, yogurt, burro e formaggi freschi.
I principali responsabili sono i pesticidi
Fortunatamente, dall’aprile 2018 l’Unione europea ha vietato tre pesticidi della famiglia dei neonicotinoidi (utilizzati per colture come il mais) ritenuti nocivi e che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) aveva confermato essere pericolosi per le api e per altri insetti impollinatori. Con l’entrata in vigore del divieto, l’imidacloprid, il clothianidin e il thiamethoxam non possono essere impiegati all’aria aperta, ma solo in serra. Considerando i rischi comprovati di queste sostanze, enti come Slow Food continuano la lotta per vietare queste sostanze per tutte le coltivazioni e in qualsiasi condizione. Inoltre, la strada è ancora lunga a livello globale. Negli Stati Uniti, per esempio, nell’agosto 2018, l’amministrazione Trump ha deciso di permettere l’impiego dei neonicotinoidi nelle aree agricole all’interno delle aree protette, revocando di fatto il divieto del 2014. Un grande problema, perché – secondo uno studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal society – basta un solo pasto prelevato da fiori contaminati da un mix di pesticidi per alterare negativamente l’intero ciclo di vita di un’ape solitaria (Osmia bicornis). Una singola esposizione è infatti in grado sia di ridurre la longevità dell’insetto sia di diminuire la sua capacità riproduttiva. Obiettivo dello studio, che si è svolto prevalentemente presso il dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell’università di Bologna, era analizzare i possibili effetti su Osmia bicornis prodotti da due tipologie di pesticidi: un insetticida neonicotinoide e un fungicida. I ricercatori hanno così realizzato una miscela contenente le due sostanze in dosi paragonabili a quelle che si possono trovare nelle coltivazioni che le utilizzano. Infine, sulla stessa testata scientifica è stato pubblicato uno studio condotto sui bombi che dimostra come questi insetti abbiano sviluppato una vera e propria dipendenza da neonicotinoidi, paragonabile a quella dei fumatori alla nicotina. Più neonicotinoidi vengono assunti dai bombi, più questi ne cercano. Un’altra ricerca sulle api morte aveva rivelato in esse residui fino a 57 pesticidi. L’utilizzo degli agenti chimici di sintesi in agricoltura si conferma quindi una grande minaccia non solo per la nostra salute, ma anche per quella di questi indispensabili insetti.
Fuga verso la città. È boom dell’urban beekeping: a Milano il progetto di LifeGate, Bee my Future
L’ampio uso di pesticidi nelle colture spinge le api a fuggire dal loro storico habitat naturale, le campagne, e a cercare sopravvivenza e rifugio in città. Diventa quindi fondamentale l’azione di recupero del verde e della biodiversità cittadina, che – oltre a mitigare il microclima urbano e rafforzare la capacità di resilienza delle città – favorisce la presenza delle api. In questo contesto s’inserisce il progetto di LifeGate Bee my Future per l’apicoltura urbana in ambiente biologico. Il progetto è teso a dimostrare che è possibile la conduzione di un apiario in una zona urbana, o a ridosso di una zona residenziale, senza ricorso a sostanze di sintesi per la cura delle api, in linea con quanto previsto dall’allevamento biologico. LifeGate sostiene l’allevamento di diversi alveari in città grazie al lavoro di un apicoltore hobbista con esperienza decennale, selezionato da Apam – Associazione produttori apistici della provincia di Milano. L’apicoltore si occupa dell’allevamento delle api ricevute in gestione nella provincia di Milano, seguendo i principi guida del biologico, quindi con apiari disposti, per quanto possibile, in zone che non confinano con aree soggette a trattamenti e lontane almeno mezzo chilometro da aree soggette a smog come autostrade e strade ad alta densità di traffico, impianti industriali e altre fonti di inquinamento. Tutti i materiali utilizzati, inclusi quelli per costruire le arnie, sono naturali.
Il biomonitoraggio: un termometro per capire come sta il nostro ambiente
Per il quarto anno di Bee my Future, LifeGate ha apportato al progetto un’importante novità: la realizzazione di un sistema di biomonitoraggio. Da decenni l’uomo utilizza il biomonitoraggio tramite le api per capire come sta il nostro ambiente. Le api bottinatrici, infatti, raccolgono informazioni importanti sulla salute del suolo, dell’aria e dell’acqua attraverso il loro operoso lavoro di raccolta del nettare, dei pollini e dell’acqua dal territorio circostante con un raggio di azione di 3 Km. La frequenza dei loro viaggi è impressionante: una colonia di api effettua quotidianamente 10 milioni di micro prelievi raccogliendo, nei mesi più caldi, diversi litri di acqua per regolare la temperatura dell’alveare e dissetarsi. Inoltre, catturando sul loro corpo anche le particelle di inquinanti presenti nell’aria, con il biomonitoraggio non solo si può capire quanto è contaminato l’ambiente, ma anche la presenza di eventuali fenomeni di bioaccumulo, che ha conseguenze anche per la salute dell’uomo. L’uso dei dispositivi Melixa adottati da LifeGate (il primo metodo in Italia non invasivo), tramite sensori di temperatura interna ed esterna, pesatura e conta-voli quotidiano, fornisce preziose informazioni sulla salute delle api e tramite essa sulla salute dell’ambiente circostante.