Dall’arretratezza culturale degli anni Ottanta alla dieta esasperata del nuovo millennio
Quando nel 1985 ebbi la mia prima esperienza nel mondo del ciclismo professionistico, rimasi traumatizzato dell’arretratezza culturale e scientifica di quell’ambiente. La dieta seguita dagli atleti, sia lontano dalle corse che nel periodo agonistico, era praticamente quasi la stessa di quella utilizzata dai corridori del dopoguerra. La dieta veniva proposta empiricamente, lasciando ampia libertà di scelta al singolo, dai Direttori Sportivi, o al massimo dai massaggiatori, tutti personaggi che non possedevano nessuna competenza professionale specifica essendo quasi tutti ex corridori. Prima colazione sbilanciata e iperglucidica: iniziavano con spaghetti o riso, da qualcuno addirittura conditi con miele o marmellata, seguiti da una classica colazione all’italiana con caffellatte ben zuccherato (con saccarosio, cioè col pessimo zucchero raffinato), pane con burro e marmellata (o miele o perfino Nutella!). Non andava meglio per il rifornimento: per la prima metà della gara (all’epoca effettuata ad una andatura molto meno veloce di adesso) c’erano cosce di pollo, panini con carne macinata cruda “cotta” col succo di limone, panini con alimenti grassi dalla lunga digestione, come frittate, stracchino ed altri formaggi spalmabili molto grassi.
Negli anni Novanta fui ingaggiato prima dalla Nazionale Italiana di Alfredo Martini (gli anni dei mondiali di Gianni Bugno), poi nello squadrone MG-Bianchi che vinse il mondiale UCI per gruppi sportivi 1993. Le cose in pochi anni erano radicalmente cambiate, migliorando la dieta dei corridori. Per la prima colazione aggiunsi i cereali integrali, frutta fresca e spremute o succhi, cibi proteici; eliminai il latte intero quasi a tutti, sostituendolo con il più digeribile yogurt magro, il fruttosio al posto del saccarosio (zucchero raffinato). Per il rifornimento in gara tolsi gli alimenti con digestione lunga per la prima parte della corsa. Per la parte decisiva della gara (la seconda metà) introdussi l’uso di barrette e gel di carboidrati (maltodestrine e fruttosio) e utilizzai la stessa miscela di zuccheri (in polvere) da sciogliere nell’acqua delle borracce. Inoltre introdussi gli integratori per il recupero: quelli salini per le perdite elettrolitiche derivate dall’abbondante sudorazione, gli aminoacidi e le proteine in polvere per un più veloce recupero muscolare (fondamentale nelle gare a tappe).
Passando a trattare del ciclismo inizio terzo Millennio, la dieta del ciclista si è ulteriormente esasperata, riuscendo ad ottenere atleti alti 190 cm con un peso corporeo di soli 60 kg e con un tessuto adiposo ridotto al 5% o anche meno. Queste estremizzazioni ci portano al confine fra fisiologia e patologia, non a caso gli atleti vengono supportati da psicologi dello sport, dovendo sopportare uno stress enorme considerando che pur svolgendo carichi di lavoro sempre maggiori, hanno una restrizione calorica del 25- 30% inferiore rispetto ai loro colleghi di fine Novecento.