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In questo periodo dell’anno di “coda” dell’influenza stagionale, diventa necessario, di fronte a un paziente che presenta un’affezione delle vie respiratorie, porsi il problema di una diagnosi differenziale con una polmonite batterica di comunità. Questo diventa fondamentale, in quanto per l’influenza, l’oseltamivir 75 mg per via orale 2 volte/die o lo zanamivir 10 mg 2 volte/die per via inalatoria iniziato entro 48 h dall’insorgenza dei sintomi e somministrato per 5 giorni riduce la durata e la gravità dei sintomi nei pazienti che sviluppano l’infezione influenzale, mentre ovviamente non ha alcun effetto in caso di polmonite batterica di comunità (CAP) che, lo ricordiamo, è invece una causa frequente di morbilità in questo periodo dell’anno. Mediamente, una diagnosi di CAP viene posta nel 5-12% degli adulti che si presentano con sintomi di infezione delle basse vie respiratorie negli ambulatori dei medici di medicina generale (MMG); di questi, il 22-42% viene successivamente ospedalizzato. Riassumiamo qui sintetizzando le conclusioni principali che ci vengono dalle più recenti raccomandazioni per la diagnosi e il trattamento della CAP negli adulti pubblicate da:

  •  National Institute for Health and Care Excellence (NICE) Guidelines Development Group (GDG)
  • Clinical Practice Guidelines by the Pediatric Infectious Diseases Society and the Infectious Diseases Society of America
  • Infectious Diseases Society of America Clinical Guideline on Community-Acquired Pneumonia
  • Management of Adults With Hospital-acquired and Ventilator-associated Pneumonia: Clinical Practice Guidelines by the Infectious Diseases Society of America and the American Thoracic Society

Il primo step deve sempre riguardare la stratificazione del rischio tramite le regole di previsione del rischio stesso, atto necessario per stimare il rischio di mortalità e di conseguenza guidare le decisioni in materia gestione logistica e terapeutica del paziente. Questi modelli predittivi servono, infatti, per selezionare i pazienti che possono essere trattati ambulatorialmente e quelli invece da ricoverare a causa dell’elevato rischio di complicanze. Tuttavia, occorre ricordare sempre come questi modelli debbano integrare, e non sostituire, il giudizio clinico, perché anche numerosi fattori non considerati (ma che il MMG può stimare), come la probabilità che il paziente segua la terapia, la capacità di prendersi cura di sé, la capacità di mantenere l’assunzione orale, devono influenzare la decisione della selezione.

Il Pneumonia Severity Index (PSI) è senza dubbio ad oggi il modello predittivo più studiato e validato: Tuttavia, poiché tale score è relativamente complesso, norme più semplici quali il CRB-65 sono di solito raccomandate per l’uso clinico. Quando la diagnosi di CAP viene posta nell’ambulatorio del MMG, lo score CRB65 (sempre di supporto all’esame obiettivo e al giudizio clinico) permette di identificare i pazienti a rischio di mortalità basso, intermedio o elevato, e conseguentemente valutare il setting appropriato di cura:

  • Domiciliare, per i pazienti con CRB65 score = 0
  • Ospedaliero, per tutti gli altri pazienti, soprattutto quelli con score CRB65 ≥ 2 Occorre assegnare 1 punto a ciascuna delle seguenti variabili prognostiche:
  • Confusione mentale, definita come un punteggio <8 al Mental Test abbreviato, oppure comparsa di un episodio nuovo di disorientamento spazio-temporale
  • Frequenza respiratoria > 30/minuto
  • PA sistolica < 90 mmHg o PA diastolica < 60 mmHg
  • Età >65 anni

Il rischio di mortalità è basso (1.2%) per lo score 0, intermedio (8.2%) per score 1-2, ed elevato (31.3%) per score 3-4. È stato dimostrato come l’uso corretto di questi modelli predittivi abbia portato a una riduzione dei ricoveri inutili per i pazienti che soffrono di malattia più lieve. Nei pazienti con CAP a basso rischio, in cui pertanto si decide per una gestione ambulatoriale, non è necessario prescrivere di routine test microbiologici, mentre è indicato:

  • Prescrivere un ciclo di antibiotici in monoterapia, della durata di 5 giorni  Preferire l’amoxicillina a macrolidi o tetracicline, da prendere in considerazione solo nei pazienti allergici alle penicilline
  • Prolungare oltre i 5 giorni la terapia antibiotica nei pazienti che non presentano il miglioramento atteso dopo 3 giorni di trattamento,  Spiegare ai pazienti che devono richiedere un consulto medico in caso di mancato miglioramento dei sintomi entro 3 giorni, o ancora prima in caso di un loro peggioramento,
  • Non prescrivere di routine fluorochinoloni o associazioni di due antibiotici nei soggetti senza fattori di rischio modificanti

Fattori modificanti sono:

  • Aumento del rischio di microrganismi resistenti agli antibiotici: età > 65 anni, alcolismo, antibioticoterapia nei 3 mesi precedenti, esposizione a bambini in centri di assistenza diurna, multiple comorbilità
  • Aumento del rischio di microrganismi enterici Gram-negativi: uso di antibiotici nei 3 mesi precedenti, patologia cardiopolmonare (comprese broncopneumopatia cronica ostruttiva o insufficienza cardiaca), multiple comorbilità
  • Rischio aumentato di Pseudomonas aeruginosa: antibioticoterapia ad ampio spettro > 7 giorni nell’ultimo mese, uso di corticosteroidi, iponutrizione, pneumopatie strutturali

Non è raccomandato prescrivere di routine corticosteroidi, ad eccezione dei casi in cui siano indicati per altre condizioni cliniche. Molti pazienti non conoscono il timing previsto di guarigione, per cui conoscere la tempistica “normale” di recupero può aiutare a ridurre loro l’ansia e, al tempo stesso, fare emergere la necessità di un nuovo consulto in caso di ritardo dell’atteso processo di guarigione. Per questo è utile spiegare al paziente che i sintomi, dopo l’inizio della terapia antibiotica, dovrebbero progressivamente migliorare, ma la rapidità del miglioramento è progressiva e può variare in relazione a molteplici fattori. L’evoluzione della CAP prevede nella maggior parte dei casi prima la scomparsa della febbre, poi la riduzione del dolore toracico e della produzione di espettorato, poi la riduzione della tosse e della mancanza di respiro, e infine dell’affaticamento. Fondamentale consigliare ai pazienti di consultare il MMG in caso di peggioramento o di mancato miglioramento delle condizioni cliniche rispetto alle attese.

Il mancato miglioramento deve innescare infatti il sospetto di:

  • Un microrganismo insolito,
  • Resistenza all’antimicrobico utilizzato per il trattamento
  • Empiema
  • Coinfezione o superinfezione da un secondo agente infettivo
  • Una lesione ostruttiva endobronchiale
  • Immunosoppressione
  • Foci metastatici di infezione da ricontaminazione (nel caso di infezione da pneumococco)
  • Non aderenza al trattamento
  • Errata diagnosi (ossia, una causa non infettiva della malattia come la polmonite da ipersensibilità acuta)