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La digitale, o digossina, è un glicoside ottenuto dalle foglie della Digitalis purpurea, una pianta erbacea e perenne, così definita per i grandi fiori purpurei, proveniente in primis, probabilmente, dalle coste del Mediterraneo e diffusa in habitat boschivi o montani anche in Italia. L’uso degli estratti di digitale, all’epoca demonizzati a causa dei loro effetti collaterali, è descritto per la prima volta ad opera di un medico del General Hospital di Birmingham, William Withering, che nel 1775 si accorse delle loro proprietà benefiche nel trattamento dell’insufficienza cardiaca. Poco dopo, nel 1780, Erasmus Darwin, nonno del più famoso Charles, ne descrisse più approfonditamente gli effetti terapeutici. I glicosidi cardioattivi esercitano un effetto inotropo positivo, ossia aumentano la forza contrattile del muscolo cardiaco, agendo su un trasportatore situato sulla membrana delle cellule del cuore e determinando alla fine un maggior accumulo di Calcio, lo ione che funge da “carburante” per la contrazione delle stesse. Questo effetto spiega il loro utilizzo nello scompenso cardiaco. È importante sapere che la digossina, a concentrazioni plasmatiche terapeutiche, ha anche un’azione vagotonica, che, aumentando la refrattarietà del nodo atrio-ventricolare (AV), permette di controllare la risposta ventricolare dei pazienti con fibrillazione atriale (FA).

A concentrazioni più elevate, tuttavia, essa aumenta l’attività del sistema nervoso simpatico, predisponendo ad aritmie atriali e ventricolari maligne. I glicosidi digitalici sono stati a lungo utilizzati nel trattamento dello scompenso cardiaco cronico, in quanto unici farmaci disponibili ad avere un’azione inotropa positiva diretta. La somministrazione a lungo termine, tuttavia, non si è rivelata in grado di migliorare la prognosi e addirittura in alcuni studi è stata correlata ad un aumento della mortalità, prevalentemente per causa aritmica. Attualmente, i pazienti che maggiormente possono trarre beneficio dall’utilizzo della digitale sono quelli affetti da scompenso cardiaco (sia acuto che cronico, seppur con differenti livelli di evidenza e ovviamente differenti modalità di somministrazione) complicato da fibrillazione/ flutter atriale ad alta frequenza ventricolare. Secondo le ultime Linee Guida della Società Europea di Cardiologia per la Fibrillazione Atriale (2020), i glicosidi digitalici sono farmaci di seconda linea per il rate control e sono, per l’appunto, particolarmente indicati in pazienti con una frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF) inferiore al 40%. Durante la terapia cronica con digossina, sono fondamentali il monitoraggio della concentrazione plasmatica del farmaco e l’aggiustamento della dose giornaliera, al fine di mantenere la concentrazione plasmatica inferiore a 1.2 ng/ mL. La digossina può essere somministrata una volta al giorno, e viene eliminata in gran parte immodificata dal rene. È disponibile in formulazione orale (sciroppo, compresse e capsule molli) ed endovenosa.

In soggetti con insufficienza renale od ipotiroidei, le dosi devono essere ridotte (o gli intervalli tra le somministrazioni aumentati) e la concentrazione plasmatica deve essere monitorata con maggiore attenzione. Estrema cautela deve essere adoperata anche negli anziani. In tale categoria, infatti, la digossina è spesso impiegata, tuttavia coesistono molteplici fattori che possono impattare sulla sua farmacocinetica. Negli ultimi decenni, l’incidenza degli effetti collaterali e dell’intossicazione da digossina sono molto diminuiti, in parte a causa dell’introduzione di farmaci alternativi nel trattamento delle aritmie sopraventricolari nello scompenso cardiaco ed in parte grazie alla migliore conoscenza delle sue proprietà farmacocinetiche. Gli effetti collaterali più tipici sono: disturbi del ritmo cardiaco, alterazioni elettrolitiche (iperkaliemia, ipomagnesemia, ipercalcemia), nausea e disturbi della funzione cognitiva (visione gialla e allucinazioni).

In conlusione La digossina ad oggi trova spazio principalmente come terapia di seconda linea per il controllo del ritmo in pazienti con FA, in particolare se affetti da Scompenso Cardiaco a LVEF ridotta. È un farmaco con un bassissimo indice terapeutico, per cui è importante conoscerne bene la posologia e gli effetti collaterali, nonché monitorizzarne la concentrazione plasmatica. Per maggiori approfondimenti sulle indicazioni più recenti, si rimanda a:

  • 2020 ESC Guidelines for the diagnosis and management of atrial fibrillation developed in collaboration with the the European Association for Cardio-Thoracic Surgery (EATCS).
  • 2021 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure.