Le infezioni post-intervento chirurgico che si fenotipizzano a domicilio del paziente, dopo la dimissione ospedaliera, rappresentano spesso una complicanza dell’intervento
L’attenzione al fenomeno deve essere massima nelle prime quattro settimane dopo la dimissione, per i motivi che sotto argomenteremo, per cui il patto medico-MMG nell’immediato post-dimissione deve essere molto stretto e ravvicinato, poiché da esso discende spesso l’esito finale dell’intervento stesso. Esempio classico è quello relativo agli interventi protesici, sempre più frequenti, e il conseguente rischio di infezione in chirurgia protesica ortopedica, ma tale rischio può essere declinato anche in altri tipi di intervento chirurgico. La frequenza di infezione dopo chirurgia protesica, ad esempio, è quantificabile in 1 caso per 100 interventi/anno per la protesi d’anca e 1,5 casi per 100 interventi/ anno per quella di ginocchio; alcuni recenti studi epidemiologici dimostrano la presenza di un tasso di infezione pari a 1,6% (range 1,2- 2,4%) per la protesi d’anca e pari a 1,3% (range 1,1-1,6%) per quella di ginocchio. Sebbene apparentemente a prima vista sembrerebbe trattarsi di tassi di infezione contenuti, il valore assoluto dei casi non è affatto indifferente, dati gli elevati volumi di attività di implantologia protesica, sempre in costante aumento per l’ampliamento delle indicazioni all’intervento anche per i pazienti più anziani conseguente al progressivo miglioramento delle procedure chirurgiche. La gravità clinica e la complessità del suo trattamento impongono di assicurare al paziente una gestione di eccellenza dell’eventuale evento infettivo garantendo, oltre all’expertise professionale specifica del MMG, la diagnosi tempestiva, la presa in carico multidisciplinare e la predisposizione di protocolli che facilitino il percorso di cura anche sotto il profilo organizzativo. Il problema più rilevante nella gestione delle infezioni protesiche in genere, e articolari in particolare, è la capacità delle popolazioni microbiche di produrre il biofilm, nel quale i microrganismi sono strutturati e coordinati in comunità funzionali idonee a garantire una efficace barriera nei confronti degli agenti antimicrobici e della risposta immunitaria dell’organismo. Il processo inizialmente è innescato dalle variazioni metaboliche e strutturali del microrganismo che, rallentando la propria velocità di crescita, riduce la propria sensibilità intrinseca agli antimicrobici indipendentemente dal dato di chemiosensibilità in vitro. In più, il biofilm funge anche da vera e propria barriera meccanica rispetto alla penetrazione dei farmaci, condizionando situazioni di sottoesposizione agli antibiotici, foriere di mancata eradicazione della infezione e nel contempo di selezione di resistenze.
In letteratura sono stati proposti e resi disponibili diversi sistemi di classificazione delle infezioni protesiche, che si basano oggi essenzialmente sul timing di formazione proprio del biofilm. Riportiamo qui le indicazioni per la classificazione delle infezioni protesiche in relazione al momento di esordio della complicanza, correlata al grado di organizzazione del biofilm (vedi tabella) Come si evince, quindi, la corretta diagnosi delle infezioni protesiche nelle prime 4 settimane dopo l’intervento chirurgico è particolarmente importante per diversi motivi:
- normalmente sono tipi di infezioni che necessitano di prolungati tempi di trattamento e recupero;
- l’utilizzo non necessario di antibiotici può essere causa di insorgenza di microrganismi antibioticoresistenti;
- nelle infezioni precoci, la diagnosi tempestiva può evitare la necessità di ricorso al reimpianto, ponendo in essere un approccio combinato medico-chirurgico di tipo conservativo con debridement e ritenzione della protesi associato a terapia antibiotica long-term di massima performance.
Sulla base del sospetto clinico, il MMG dovrà avviare un percorso diagnostico che includa indagini laboratoristico-strumentali e microbiologiche, con caratteristiche specifiche nei casi di infezioni precoci. Il primo step della flow-chart operativa del follow-up ribadisce come la diagnosi di infezione early sia fondamentalmente clinica e si basi sulla comparsa di segni importanti di flogosi in sede di ferita chirurgica (tumor, rubor, dolor, calor, functio laesa) e/o deiescenza della ferita chirurgica, temporalmente oltre la normale evoluzione post intervento, associata a rialzo febbrile in circa il 50% dei pazienti, senza normalmente altri segni e sintomi di coinvolgimento sistemico. La maggior parte dei pazienti con infezione protesica acuta (>80%) si presenta con le seguenti caratteristiche:
- clinicamente stabile (non segni di SIRS)
- con protesi in sede senza segni di mobilizzazione
- senza significativi danni a carico dei tessuti molli
- con significativi segni e sintomi di infiammazione in sede di intervento
In caso di comparsa di tali segni/sintomi clinici, il secondo step della flow-chart operativa prevede la richiesta da parte del MMG di esami di laboratorio. Quali sono gli accertamenti di laboratorio essenziali da fare in caso di segni/sintomi clinici sospetti per fenomeno infettivo precoce? Essenzialmente PCR, VES, ed emocromo con formula e piastrine.
È soprattutto utile la loro determinazione seriata, in particolare della PCR, il cui valore diagnostico aumenta dalla seconda settimana in poi, e deve essere correlato alla conoscenza delle sue concentrazioni plasmatiche pre-intervento. In caso di risultati di laboratorio che aumentino il sospetto di infezione precoce, è necessario richiedere una ecografia, idonea a identificare eventuali raccolte, sopra o sottofasciali, meritevoli di successiva puntura esplorativa, con analisi chimico-fisica e microbiologica, sebbene la sua sensibilità e specificità siano altamente variabili da caso a caso. Non vi sono al momento altre indagini di imaging in grado di sostenere il percorso diagnostico di un’infezione precoce. Nel caso l’ecografia confermi il sospetto di infezione, occorre a questo punto che il MMG riferisca il paziente al più presto allo specialista ortopedico per l’esecuzione di artrocentesi (o altra agoaspirazione) diagnostica con esecuzione di esame chimico-fisico (conta dei leucociti e relativa formula) ed esame colturale o altro prelievo di materiali per esami microbiologici (tabella in basso). Pertanto, per i motivi su esposti, è nelle prime quattro settimane dopo la dimissione che il rapporto tra paziente e MMG deve essere stretto e ravvicinato, poiché da esso discende spesso l’esito finale dell’intervento stesso.
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