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L’acqua è una risorsa preziosa e un patrimonio da tutelare per la sopravvivenza del pianeta e per la salute dei suoi abitanti.

Non a caso, garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienicosanitarie è uno dei 17 obiettivi dell’Agenda ONU 2030 per la sostenibilità. In questo ambito, il Legislatore europeo è intervenuto con la Direttiva UE 2020/2184, riguardante la qualità delle acque destinate al consumo umano, che è stata recepita in Italia attraverso il Decreto Legislativo 18/2023 in vigore dal 21 marzo 2023. Con il termine “acque destinate al consumo umano” si intendono le acque trattate o non trattate utilizzate per bere, preparare cibi e bevande o altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, fornite tramite una rete di distribuzione oppure mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori. La definizione comprende anche le acque utilizzate nelle imprese alimentari per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al consumo umano, ma esclude le acque minerali naturali, che sono oggetto di una disciplina ad hoc. L’obiettivo della nuova normativa, europea e nazionale, è stato fissare requisiti più puntuali per proteggere le persone che vivono nell’Unione europea dagli effetti negativi derivanti dal consumo di acqua contaminata, assicurando acqua salubre e pulita. Un risultato al quale contribuisce anche l’accreditamento dei laboratori e degli organismi di valutazione della conformità, poiché le prove accreditate sull’acqua, la certificazione dei materiali a contatto con l’acqua e dei sistemi di gestione delle aziende del servizio idro-potabile e di ispezione delle reti distributive, forniscono i mezzi tecnici per gestire efficacemente le risorse idriche. Rispetto alla precedente Direttiva 98/83/CE, la nuova Direttiva UE 2020/2184 introduce sostanziali novità ed elementi di miglioramento, che coinvolgono i gestori dei sistemi idro-potabili, gli operatori del settore di trattamento delle acque e direttamente anche i cittadini. Parallelamente, il D.Lgs 18/2023 consolida ed estende il ruolo dell’accreditamento già riconosciuto dal precedente Decreto del Ministero della Salute del 14 giugno 2017, che ne prevedeva l’obbligo per i laboratori.

In particolare, è stato definito un nuovo elenco dei valori di parametro per valutare la qualità dell’acqua potabile, che devono essere determinati attraverso le prove effettuate dai laboratori accreditati da Accredia, l’Ente Unico nazionale di accreditamento riconosciuto in Italia ai sensi del Regolamento CE 765/2008. In dettaglio, è l’Allegato III del D.Lgs. 18/2023 a prescrivere per i laboratori, o i terzi che ottengono appalti dai laboratori, l’obbligo dell’accreditamento secondo la norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 “Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e taratura”. Il laboratorio deve dunque sottoporsi alla valutazione di competenza e indipendenza da parte di un Ente di accreditamento designato ai sensi del Regolamento CE 765/2008, come Accredia in Italia, e ottenere l’accreditamento almeno per le prove riferite ai parametri fondamentali che sono indicati nell’Allegato. Su un totale di 1.339 laboratori di prova accreditati da Accredia (al 31 dicembre 2022), circa il 60% svolge anche le prove sulle acque destinate al consumo umano. Per la maggior parte, questi laboratori sono accreditati sia per i parametri chimici che microbiologici, e 200 svolgono sotto accreditamento anche l’attività di campionamento ai sensi delle norme UNI EN ISO 19458 e ISO 5667-5 indicate dal D.Lgs. 18/2023. La quasi totalità (circa 700) è rappresentata da laboratori privati, rispetto ai poco più di 70 soggetti pubblici, afferenti ad ARPA, ASL, IZS, ISS e alle Università, e ai circa 50 laboratori interni ai gestori. Nel nuovo sistema così disciplinato, le prove accreditate garantiscono la sicurezza e l’efficacia dell’attività di controllo periodico della qualità dell’acqua potabile che viene svolta dai gestori del servizio idrico integrato, ovvero chiunque fornisca a terzi acqua destinata al consumo umano mediante una rete di distribuzione idrica, oppure attraverso cisterne, fisse o mobili, o impianti idrici autonomi, o anche chiunque confeziona per la distribuzione a terzi, acqua destinata al consumo umano in bottiglie o altri contenitori. Il D.Lgs. introduce novità di rilievo anche in materia dei cosiddetti ReMaf, i reagenti chimici e materiali filtranti attivi e passivi da impiegare nel trattamento delle acque destinate al consumo umano. Per essere immessi in commercio e utilizzati, i ReMaf devono essere certificati da organismi accreditati secondo la norma ISO/ IEC 17065 che riguarda la certificazione di prodotti/ servizi. L’iter per la certificazione accreditata dei ReMaf è indicato nell’Allegato IX, Sezione E, e prescrive l’adeguamento entro il 12 gennaio 2036, data dalla quale potranno essere immessi sul mercato nazionale e utilizzati negli impianti di captazione, trattamento, stoccaggio, adduzione e distribuzione delle acque, esclusivamente i ReMaF certificati sotto accreditamento e successivamente autorizzati dal Centro Nazionale per la Sicurezza delle Acque (CeNSiA) e registrati nel sistema AnTeA. Per consentire il rispetto delle scadenze, il D.Lgs. prevede che dal 12 gennaio 2026 gli operatori economici potranno avviare l’iter di autorizzazione di un ReMaF presso il CeNSiA. Dal punto di vista tecnico, i ReMaF vengono certificati dagli organismi accreditati che effettuano l’ispezione periodica degli impianti produttivi, prelevando i campioni da sottoporre ad analisi e, per le analisi necessarie alla certificazione, si affidano a laboratori di prova anch’essi accreditati. In questo caso, l’accreditamento deve essere conforme alla norma ISO/ IEC 17025 e rilasciato da un Ente di accreditamento come Accredia, ovvero firmatario degli Accordi internazionali di mutuo riconoscimento gestiti dai network di International Accreditation Forum (IAF) e International Laboratory Accreditation (ILAC). L’Italia sta affrontando crisi ambientali e climatiche sempre più gravi, che colpiscono ecosistemi e falde già alterate da pressioni antropiche insostenibili e infrastrutture idriche in parte obsolete, con seri impatti sulla disponibilità e qualità dell’acqua a uso potabile. Il D.Lgs è il risultato di azioni sinergiche basate su un approccio di partenariato esteso tra Istituzioni, portatori di interesse pubblici e privati e Accredia, coordinato dai Ministeri della Salute e dell’Ambiente. Un sistema nel quale l’accreditamento ha l’obiettivo di accrescere le competenze di chi ha un ruolo chiave nelle attività di protezione, controllo e monitoraggio delle risorse idriche e degli ambienti naturali in cui esse si alimentano e sono conservate.