Aggiungi ai preferiti (0)
Please login to bookmark Close

INTRODUZIONE
Al CEMEDIS dalla sua apertura nel 2016 ad oggi, ai settori classici della simulazione, come le emergenze e neonatale, si sono aggiunte nuove iniziative che affrontano in alta fedeltà temi come la gestione delle situazioni di pericolo di aggressione in sanità, i comportamenti corretti sulla scena del crimine per non pregiudicare le indagini, l’elaborazione del lutto perinatale e i corsi Crisis Resource Management. Il CEMEDIS è oggi in una fase di evoluzione sia dal punto di vista tecnologico che per quanto riguarda la metodologia. A breve infatti l’apertura della Scuola di training chirurgico laparoscopico.

La simulazione in medicina su larga scala ha fatto la sua comparsa in Sicilia nel 2016 con l’apertura del CEMEDIS (CEntro MEDIterraneo di Simulazione) all’interno del CEFPAS, il Centro per la Formazione Permanente e l’Aggiornamento del Personale del Servizio Sanitario della Sicilia. Il ruolo centrale rivestito dal Centro, chiamato a intervenire nella declinazione operativa degli obiettivi strategici individuati dall’Istituzione regionale, consente di garantire una efficace governance regionale delle competenze. La corretta individuazione dei bisogni formativi è per questo motivo un momento centrale nella programmazione della formazione, con qualunque metodologia si decida di procedere. Nel caso della simulazione la situazione è forse ancora più delicata per i costi in genere più elevati, rispetto alla metodologia formativa tradizionale. Strumento formativo di grande efficacia, la simulazione permette ai professionisti di provare approcci e manovre consentendo loro di riflettere sull’agito senza alcun rischio per il paziente. È quindi una risposta ottimale ai fabbisogni formativi del clinico. Triplice le direttrici che segue il CEMEDIS per la gestione dei fabbisogni formativi, unico però lo sforzo di conciliarle e farle convergere su un unico piano di azione che soddisfi il fabbisogno formativo del partecipante, le aree di miglioramento della sua azienda sanitaria e le istanze strategiche del governo regionale. Caso emblematico quello della piccola Nicole, morta a Catania nel 2015. Per la neonata partorita in una casa di cura non si riuscì a trovare un posto in un reparto di terapia intensiva. Il decesso divenne un caso nazionale e la Regione Siciliana in risposta, lanciò un piano triennale di formazione per i circa 1.300 operatori dei punti nascita di 1° livello. Dal gap di competenze alla pianificazione dell’azione di miglioramento sono sorte due difficoltà, diremo “trappole” proprio nella fase identificazione dei fabbisogni formativi: una legata all’eccesso di ideologia sulle competenze relazionali interprofessionali e l’altra collegata alla naturale tendenza alla autoreferenzialità dei formatori. Ecco la prima “trappola” nella individuazione dei bisogni formativi di una popolazione target. Un primo tavolo di lavoro di esperti sentenziò che bisognava approfondire esclusivamente gli aspetti della comunicazione in aule, di conseguenza, multidisciplinari composte da tutte le professioni presenti in sala parto: ginecologi, pediatri neonatologi, anestesisti, ostetriche, infermieri.

A rigor di logica appare evidente che una delle cause della morte della piccola sia stata una comunicazione inefficace tra gli attori del sistema. “L’operatore del 118 ha fatto una chiamata impersonale, senza specificare l’urgenza del caso e io un bambino non lo faccio morire, anche se ho tutti i dieci lettini di ‘intensiva’ occupati. Anche perché abbiamo le culle termiche da trasporto. Dovevano dirlo, dovevano spiegare, dovevano essere più chiari…”. come la Direttrice di uno dei reparti di terapia intensiva di Catania ebbe a dire. L’idea di promuovere l’efficacia della comunicazione però estendendo la formula della interprofessionalità è però alquanto critica anche se politicamente corretta e popolare. Esistono sfere disciplinari proprie di ogni professione che adottando una visione monocolore, rischiano di venire pericolosamente scotomizzate e quindi trascurate. Si pensi come esempio all’intubazione (effettuata dall’anestesista), piuttosto che all’episiotomia (effettuata dal ginecologo o dall’ostetrica). La soluzione che il CEMEDIS adottò in quell’occasione fu di rivedere l’approccio articolando l’offerta formativa, in parte destinandola ad aule multiprofessionali, come nel caso della rianimazione neonatale (tutti gli operatori sanitari in sala parto devono sapere come eseguirla a prescindere dal ruolo!) o del CRM – crisis resource management – che coinvolge ovviamente l’intera equipe. Parallelamente furono proposti però due percorsi monodisciplinari di carattere tecnico-professionale, il primo per ginecologi e ostetriche su sicurezza e appropriatezza nella sala parto e l’altro per anestesisti sull’anestesia e analgesia nel parto. La seconda “trappola” nella individuazione dei bisogni formativi di una popolazione target è molto comune e risiede nella naturale autoreferenzialità dei formatori/ docenti. Ormai da diversi anni il CEMEDIS realizza i corsi di abilitazione al servizio nel sistema del 118 per i medici dell’Emergenza Sanitaria Territoriale della Sicilia. Per il percorso, della durata di almeno 300 ore in 4 mesi (art. 66 del DPR n. 270/2000), la simulazione è la metodologia naturale, non a caso nata proprio nell’ambito delle emergenze. A parte una serie di format didattici ormai ampiamente codificati e standardizzati anche a livello internazionale (BLS, ACLS, PALS, PTC, etc.) attività di questo genere devono affrontare temi per i quali sono possibili approcci diversi (es. gestione delle vie aeree, ecografia, parto precipitoso, etc.) per ognuno dei quali occorre stabilire obiettivi specifici, contenuti e durata. A seconda dell’ottica preferenziale del docente scelto come referente viene considerato indispensabile dotare il partecipante di una certa quantità di conoscenze preliminari (es anatomia, fisiologia, biochimica, etc.). Purtroppo la durata dell’esposizione, così lontana dall’approccio pratico, indebolisce pericolosamente nell’uditorio la resistenza al disinteresse e alla noia. È qui che la metodologia della simulazione ci consente di correre ai ripari! I margini per ridurre l’area del “sapere” in favore di quella del “saper fare” in una attività in simulazione possono essere infatti sorprendenti. In un paio di casi ci ha consentito di portare una attività originariamente di 2 giorni e 16 ore ad una sola giornata di 8 ore. Il risultato più interessante dell’esperienza è stato quantificato nella valutazione del gradimento, che ha subito un notevole aumento tra i partecipanti alle edizioni “ridotte” rispetto a quelli delle precedenti edizioni “espanse”, con un vantaggio evidente proprio sul giudizio relativo alla soddisfazione del fabbisogno formativo cui l’attività formativa si era proposta di rispondere.

CONCLUSIONI
Il CEMEDIS dispone delle più avanzate tecnologie grazie a simulatori ad alta fedeltà di pazienti adulti, pediatrici e ostetrici collegati ad un impianto che consente la registrazione e la revisione delle pratiche dei partecipanti ai corsi. Le sale regia e le sale per le esercitazioni pratiche completano la dotazione del CEMEDIS. Tutti gli scenari didattici sono progettati per riprodurre contesti realistici e quanto più prossimi alla realtà. Il CEMEDIS, dal 2018 è accreditato dall’American Heart Association (AHA) come Training Centre.