Aggiungi ai preferiti (0)
Please login to bookmark Close

Non è raro che il paziente torni all’ambulatorio del medico dopo una prescrizione di statine dicendo di avere dolori alla muscolatura ed in particolare alle gambe. È ancora più frequente l’obiezione del paziente alla prima prescrizione delle statine. Vi farà presente che c’è la possibilità di soffrire di dolori perché la notizia gli è stata comunicata da parenti o amici che già hanno fatto uso di tali sostanze. Questo per sottolineare le preoccupazioni più o meno giustificate dei pazienti.

Le statine sono una classe di farmaci ben caratterizzata per il trattamento dell’ipercolesterolemia, sono inibitori molto selettivi dell’HMGCoA riduttasi e quindi riducono la sintesi del colesterolo con un ottimo profilo di sicurezza a lungo termine. Riducono il rischio di morbilità e mortalità in pazienti con o a rischio di patologie coronariche 1. L’uso delle statine è in crescita e circa il 25% della popolazione mondiale, con più di 65 anni, assume una statina a lungo termine, sia in prevenzione primaria che in prevenzione secondaria 4,5. La sicurezza e gli effetti avversi delle statine sono oggetto di attenzione, soprattutto nei pazienti con poliprescrizione farmacologica perché sono a rischio di interazioni. Se la terapia con statine da sole in genere è ben tollerata, i pazienti che ricevono un altro trattamento farmacologico concomitante hanno un maggior rischio di sviluppare un evento avverso, tra cui crampi muscolari o ipostenia, miopatia e, molto più raramente e gravemente, rabdomiolisi. Gli eventi avversi che avvengono durante il trattamento con le statine sono conseguenza dell’aumento delle loro concentrazioni plasmatiche, e questo è stato descritto come un indice di potenziali effetti avversi a livello dei tessuti periferici. Inoltre, i pazienti anziani sono più facilmente propensi a soffrire di problemi muscolari causati dalle statine, dato che la massa muscolare e l’attività degli enzimi coinvolti nel metabolismo e nell’eliminazione dei farmaci si riduce con l’invecchiamento 9. Le statine aumentano la resistenza insulinica e quindi favoriscono la comparsa di iperglicemia. Questo accade in soggetti ‘predisposti’, quali quelli con ereditarietà diabetica, eccesso ponderale, alterata glicemia a digiuno. L’effetto diabetogeno non sembra legato né al tipo di statina né al suo dosaggio 3.

I farmaci in grado di causare un aumento dell’esposizione sistemica alla statina e di aumentare il rischio di miopatia sono quelli capaci di ridurne il catabolismo inibendo gli enzimi specifici (principalmente il CYP3A4) o interferendo con le molecole trasportatrici dei farmaci. Pur essendo considerati farmaci sicuri la somministrazione delle statine quindi può rappresentare un problema. Dal momento che molti dei pazienti trattati con le statine sono anziani e/o soffrono di co-morbilità cardio-metaboliche, questi possono ricevere la prescrizione di diversi farmaci che possono aumentare il rischio di interazioni farmacologiche. Circa il 3% dei ricoveri ospedalieri sono causati da una interazione farmacologica 6 e la loro prevalenza nella popolazione anziana è di circa il 50%7. Esse rappresentano circa il 15% di tutti gli errori di prescrizione evitabili e le loro conseguenze costituiscono un grave problema di salute nell’anziano 8. I target del colesterolo LDL non sono il frutto di studi ad hoc, ma dell’interpretazione dei dati di letteratura sviluppati per altri obiettivi surrogati ma il consenso in merito è ampio sia nelle linee guida che nella letteratura e nella pratica clinica. E’ importante sottolineare come disporre di obiettivi numerici ben definiti sia utile ai fini legislativi e per indirizzare la buona pratica clinica. Nell’ottica della pratica quotidiana è però evidente che si debba valutare il vantaggio del singolo paziente: diverso è non essere a target con l’obiettivo LDL < 70 mg/dl in un paziente che ha invece 72 mg/dl e assume 40 mg di atorvastatina, rispetto ad un altro che ha LDL 130 e assume 20 mg di pravastatina 2. E’ evidente che il primo risultato è accettabile mentre nel secondo caso si debba procedere ad una ulteriore correzione. È disponibile un’altra classe di farmaci capaci di abbassare il livello di LDL colesterolo. Sono gli inibitori della PCSK9, anticorpi monoclonali capaci di inibire la funzione della PCSK9. Questa è una proteina che impedisce ai recettori del colesterolo LDL di tornare in superficie per smaltire l’eccesso di colesterolo circolante. Quando il recettore lega le LDL, il complesso viene internalizzato nella cellula epatica in forma di vescicola che si fonde con i lisosomi, quindi la LDL viene degradata, mentre il recettore ritorna sulla superficie cellulare. Se nella formazione del complesso recettore-LDL si aggiunge la PCSK9 il recettore viene degradato nel lisosoma; quindi diminuisce il numero dei recettori esposti sulla membrana della cellula epatica. L’inibizione del PCSK9 previene la degradazione del recettore e promuove la rimozione del colesterolo LDL dal circolo. Quindi l‘uso dell’anticorpo monoclonale, inibendo la proteina PCSK9, incrementa il numero di recettori della membrana cellulare che legano e degradano le lipoproteine LDL.
Questa classe di farmaci è quindi indicata in particolare nei soggetti con colesterolo alto con elevato rischio cardiovascolare nei quali il trattamento con le statine non è tollerato o riesce a raggiungere gli obiettivi ottimali 1. Il vantaggio di tali farmaci è anche quello di essere somministrati per via iniettiva sottocutanea una volta ogni 15 – 30 giorni, a seconda della risposta, evitando così la somministrazione quotidiana e migliorando la aderenza del paziente.

Riportiamo la nota Aifa relativa alle due molecole disponibili: evolocumab e alirocumab

EVOLOCUMAB
pazienti di età ≤80 aa con ipercolesterolemia familiare omozigote – in prevenzione primaria in pazienti di età ≤80 aa con ipercolesterolemia familiare eterozigote e livelli di LDL-C ≥130 mg/dL nonostante terapia da almeno 6 mesi con statina ad alta potenza alla massima dose tollerata + ezetimibe oppure con dimostrata intolleranza alle statine (vedere successivamente la definizione di intolleranza) e/o all’ezetimibe; in prevenzione secondaria in pazienti di età ≤80 aa con ipercolesterolemia familiare eterozigote o ipercolesterolemia non familiare o dislipidemia mista con livelli di LDL-C ≥ 70 mg/dL nonostante terapia da almeno 6 mesi con statina ad alta potenza alla massima dose tollerata + ezetimibe oppure dopo una sola rilevazione di C-LDL in caso di IMA recente (ultimi 12 mesi) o eventi CV mulitpli oppure con dimostrata intolleranza alle statine (vedere successivamente la definizione di intolleranza) e/o all’ezetimibe.

ALIROCUMAB
in prevenzione primaria in pazienti di età ≤80 aa con ipercolesterolemia familiare eterozigote e livelli di LDL-C ≥130 mg/ dL nonostante terapia da almeno 6 mesi con statina ad alta potenza alla massima dose tollerata + ezetimibe oppure con dimostrata intolleranza alle statine (vedere successivamente la definizione di intolleranza) e/o all’ezetimibe; in prevenzione secondaria in pazienti di età ≤80 aa con ipercolesterolemia familiare eterozigote o ipercolesterolemia non familiare o dislipidemia mista e livelli di LDL-C ≥ 70 mg/dL nonostante terapia da almeno 6 mesi con statina ad alta potenza alla massima dose tollerata + ezetimibe oppure dopo una sola rilevazione di C-LDL in caso di IMA recente (ultimi 12 mesi) o eventi CV multipli oppure con dimostrata intolleranza alle statine (vedere successivamente la definizione di intolleranza) e/o all’ezetimibe.

Infine è disponibile l’innovativo farmaco anticolesterolo Inclisiran. È il frutto di una tecnologia innovativa che prende il nome di RNA interference. Il farmaco riduce il colesterolo aumentandone il metabolismo a livello epatico e quindi riducendone la quota in circolo. Ha il vantaggio di essere somministrato solamente due volte in un anno. Si tratta della prima terapia a base di small interfering RNA (siRNA) per la riduzione del colesterolo LDL e rappresenta un approccio innovativo alla gestione dei pazienti con ipercolesterolemia. Il suo meccanismo di azione è innovativo poiché rientra nella classe degli agenti terapeutici RNAi (RNA interference), farmaci che silenziano gli RNA messaggeri (mRNA). Si tratta di un piccolo RNA interferente a doppio filamento con un’elevata affinità per il fegato, all’interno del quale riduce i livelli proteina PCSK9. Questa molecola è capostipite di una nuova classe di farmaci altamente innovativi che agiscono sui meccanismi fisiopatologici della malattia aterosclerotica. La loro farmacocinetica permette di ridurre non solo i livelli di colesterolo ma di mantenerne il valore basso protratto nel tempo.

In conclusione le statine rappresentano ancora un validissimo e indispensabile strumento terapeutico ma si è voluto richiamare l’interesse sul progresso farmacologico in questo settore della farmacologia rivolta alla gestione della patologia cardiovascolare