La carenza di ferro è il disturbo nutrizionale più comune al mondo ed è la causa principale di anemia [1]. L’anemia da carenza di ferro (IDA) è un importante problema di salute pubblica il cui impatto sulla gestione e sugli esiti dei pazienti sono stati evidenziati in diversi setting clinici, tra cui quello cardiologico, ginecologico, chirurgico, nefrologico.
L’IDA è, infatti, spesso associata a diverse patologie infiammatorie, quali l’insufficienza cardiaca congestizia (ICC), la malattia renale cronica (MRC) e le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI). È inoltre molto frequente durante la gravidanza e in pazienti sottoposti a chemioterapia [2]. Le principali manifestazioni cliniche comprendono: mancanza di respiro, stanchezza, palpitazioni, tachicardia, angina, nausea, perdita di peso, dolore addominale, mal di testa, vertigini e letargia. È chiaro quindi come l’IDA abbia impatto anche significativo sulla QoL dei pazienti [2].
Come e quando indagare la presenza di carenza di Ferro
Un’alterazione nel metabolismo del ferro, indotto da uno stato infiammatorio (cronico nel caso delle persone anziane), un bilancio marziale negativo in presenza di perdite occulte gastrointestinali e ridotto assorbimento intestinale (dieta incongrua e assorbimento non ottimale) possono essere trigger di carenza di ferro soprattutto nelle seguenti popolazioni:
1. In tutti i pazienti con malattia renale cronica (CKD), sia in fase pre-dialitica che in dialisi. La carenza di ferro è una complicanza molto frequente, con un’incidenza fino al 70%, nei pazienti in pre-dialisi.
2. Nei pazienti con scompenso cardiaco. Quasi 1 paziente su 2 affetto da scompenso cardiaco soffre di carenza di ferro che causa un peggioramento della qualità di vita e un aumento del rischio di ospedalizzazione e decesso per complicanze cardiovascolari.
3. Nelle donne in gravidanza, periodo in cui il fabbisogno di ferro raddoppia per la crescita della placenta e lo sviluppo del feto.
4. Pazienti sottoposti a chirurgia elettiva
5. Pazienti con storia di sanguinamenti cronici, come ulcere peptiche o emorragie gengivali
Lo screening per la carenza di ferro in questi pazienti prevede l’esecuzione di alcuni esami come emocromo completo e sideremia ma anche saturazione della transferrina (TSAT<20% è un indice sufficientemente accurato di eritropoiesi sideropenica ed è un utile marcatore per individuare un deficit funzionale di ferro in cui una bassa TSAT si associa ad una ferritina normale) e ferritina sierica (sFe). In base ai valori di TSAT e ferritinemia è possibile distinguere varie condizioni patologiche dell’equilibrio del ferro: deficit assoluto (deplezione di ferro in tutti i distretti corporei) caratterizzato da TSAT <20% e ferritinemia <100 ng/ml e deficit funzionale (carenza di ferro nelle sedi di utilizzo e quantità normali o elevate nei depositi) con TSAT <20% e ferritina sierica>100 ng/ ml. E’ possibile identificare anche condizioni cliniche di sovraccarico marziale con relativo blocco in presenza di valori di ferritinemia >500- 800 ng/ml (26). Nuovi parametri eritrocitari forniti dagli analizzatori ematologici quali la percentuale di emazie ipocromiche (%HYPO), con concentrazione di emoglobina<28 g/dL e percentuale di emazie microcitiche (%MICRO), emazie con volume <60 fL, si sono dimostrati utili nella diagnostica differenziale tra anemia sideropenica e trait-talassemico, con prevalenza di emazie ipocromiche nel deficit di ferro e di emazie microcitiche nella talassemia.
LE SINDROMI DA CARENZA MARZIALE
La carenza assoluta
Fino al 36% della popolazione geriatrica generale nei paesi sviluppati soffre di carenza di ferro. L’invecchiamento, infatti, è considerato uno stato pro-infiammatorio che può compromettere l’assorbimento di ferro a causa dell’effetto dell’epcidina. La carenza assoluta di ferro è determinata da una riduzione delle riserve di ferro dell’organismo; si caratterizza per una riduzione dei livelli di ferritina e dei valori di saturazione della transferrina. Clinicamente si manifesta con anemia microcitica, cioè con una riduzione del numero e della dimensione dei globuli rossi.
La carenza funzionale
La carenza di ferro funzionale si verifica quando le richieste di ferro per l’eritropoiesi aumentano (a causa di un’emorragia, di una perdita di sangue cronica, di una terapia a base di eritropoietina; le riserve di ferro sono ancora presenti, ma non sufficienti a rispondere alla aumentata domanda di ferro . I segni clinici comprendono:
• Perdita di appetito
• Dolore addominale ricorrente
• Vomito ricorrente
• Perdita di peso involontaria Una condizione frequente nella anemia funzionale è il sequestro di ferro; ciò si verifica quando il ferro viene trattenuto all’interno delle cellule, in particolare nei macrofagi, e non viene rilasciato in circolo per essere utilizzato per l’eritropoiesi (produzione di globuli rossi).
Il sequestro del ferro si verifica principalmente durante stati infiammatori cronici o malattie croniche, come:
• Malattie infiammatorie croniche intestinali (morbo di Crohn, colite ulcerosa)
• Artrite reumatoide
• Infezioni croniche
• Alcune neoplasie Clinicamente, il sequestro del ferro si manifesta con sintomi simili all’anemia da carenza di ferro, come stanchezza, debolezza, pallore e ridotta tolleranza allo sforzo. Tuttavia, a differenza della carenza assoluta di ferro, in questo caso le riserve di ferro (misurate attraverso il livello di ferritina e il calcolo della saturazione della transferrina) possono essere normali o addirittura elevate.
Terapia della Carenza Marziale: quando preferire il ferro endovenoso al ferro orale
Il trattamento della carenza di ferro consiste nella somministrazione di ferro orale, sotto forma di sali ferrosi o ferrici. Tuttavia, la scelta del tipo di ferro e del dosaggio dipende dalla gravità della carenza, dalle caratteristiche del paziente e dalla sua risposta al trattamento. In alcuni casi, infatti, può essere necessario il trattamento con ferro endovenoso, ad esempio in pazienti con intolleranza al ferro orale o con malassorbimento. La scarsa compliance del paziente per intolleranza gastrointestinale, la mancata correzione del deficit, uno stato infiammatorio generalizzato che lascia prevedere una mancata risposta a causa di elevati livelli di epcidina circolante, o la necessità di una più rapida correzione dell’anemia rappresentano i fattori che rendono preferibile la somministrazione per via endovenosa rispetto a quella orale. Preparati a base di ferro endovenoso come il ferro carbossimaltosio hanno dimostrato una completa e rapida correzione del deficit marziale con il vantaggio di poterlo somministrare a dosi elevate e frequenza ridotta, riducendo l’esposizione del paziente a rischi infusivi. Il ferro carbossimaltosio è tra i ferri endovenosi inseriti nelle recenti Linee Guida della Società Europa di Cardiologia (ESC) per il trattamento della carenza marziale nei pazienti con scompenso cardiaco a FE ridotta o moderatamente ridotta con l’obiettivo di ridurre i sintomi e migliorare la qualità della vita e ridurre il rischio di ospedalizzazioni.
Nota AIFA e Infusione del Ferro Endovenoso
La nota AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) consente ai medici di medicina generale di infondere il ferro endovenoso nelle case della salute istituite dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Questa possibilità può essere utile per garantire una gestione più efficace e comoda della carenza marziale, specialmente per i pazienti con malattie croniche che richiedono una gestione più intensiva. In sintesi, la carenza marziale è una condizione comune che può avere origini diverse, ma è particolarmente comune in persone con malattie croniche come la CKD. La gestione appropriata della carenza marziale è fondamentale per prevenire complicazioni e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Il ferro endovenoso può essere una opzione più efficace del ferro orale, e la nota AIFA consente ai medici di medicina generale di infondere il ferro endovenoso nelle case della salute istituite dal PNRR.
Quando inviare il paziente allo specialista
La maggior parte dei pazienti con carenza di ferro può essere gestita dal medico di medicina generale. Tuttavia, è necessario inviare il paziente allo specialista nei seguenti casi:
• Anemia sideropenica severa (emoglobina < 10 g/dL)
• Carenza di ferro refrattaria al trattamento con ferro orale
• Sospetto di causa sottostante della carenza di ferro, come tumori maligni, malattie infiammatorie croniche o sanguinamenti gastrointestinali
• Comorbilità significative, come insufficienza cardiaca o renale
Esami diagnostici
L’esame diagnostico di prima linea per la carenza di ferro è l’emocromo con formula leucocitaria. Questo esame permette di valutare i livelli di emoglobina, ematocrito, MCV (volume corpuscolare medio), MCH (emoglobina corpuscolare media) e MCHC (concentrazione emoglobinica corpuscolare media). bassi livelli di emoglobina e MCV, insieme ad un elevato MCHC, sono indicativi di anemia sideropenica. Altri esami utili per la diagnosi e la stadiazione della carenza di ferro includono:
• Ferritina sierica: misura i depositi di ferro nell’organismo. bassi livelli di ferritina sono indicativi di carenza di ferro
• Sideremia (ferro sierico): misura la quantità di ferro circolante nel sangue. bassi livelli di sideremia confermano la carenza di ferro
• Transferrina e saturazione della transferrina: la transferrina è una proteina che trasporta il ferro nel sangue. La saturazione della transferrina indica la percentuale di transferrina legata al ferro. bassi livelli di saturazione della transferrina sono indicativi di carenza di ferro
Le considerazioni del Medico di Medicina Generale
A cura di Damiano Parretti
Medico di Medicina Generale – Perugia
La carenza di ferro è una condizione che si riscontra frequentemente nel setting della medicina generale, rappresenta la prima causa di anemia, e si associa frequentemente a diverse patologie croniche in pazienti, per la maggior parte anziani, in multimorbilità. Tralasciando gli aspetti clinici, trattati nel testo, può essere utile rimarcare alcuni aspetti gestionali, soprattutto in riferimento a pazienti complessi. Un primo aspetto è caratterizzato dalla aspecificità della maggior parte dei sintomi e segni con cui si manifesta (astenia, cefalea, ridotta tolleranza allo sforzo, pallore, ed altri), che soprattutto in pazienti comorbidi può determinare un ritardo nell’inquadramento diagnostico e nella necessaria conseguente appropriata terapia. Una attenta valutazione clinica in medicina generale con l’obiettivo di una diagnosi differenziale è di rilevante importanza. Un altro aspetto è la elevata prevalenza di anemia da carenza di ferro in soggetti fragili in gestione domiciliare, in cui la possibilità di invio a strutture di secondo livello, anche nel caso di forme severe di anemia, può essere sconsigliabile e talvolta impossibile. In questi casi, una buona organizzazione territoriale e domiciliare delle cure rappresenta una opportunità al fine di una adeguata presa in carico, sia per gli approfondimenti diagnostici che per la prescrizione ed esecuzione delle terapie mirate. La realizzazione e la presenza di strutture complesse ed efficienti di cure primarie che abbiano al loro interno medici esperti, personale infermieristico formato, facilità di esecuzione di indagini diagnostiche di primo livello e di accesso facilitato a consulenze specialistiche (quando necessarie) rappresenta un punto centrale per il raggiungimento di migliori outcome, la riduzione e dei costi e il miglioramento della qualità di vita.