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Siamo nel periodo della seconda festa preferita dai bambini (dopo l’indiscusso Natale): il Carnevale. Nel mondo antico il Carnevale si avvicina ai festeggiamenti dionisiaci, le feste in onore del dio del vino che sfociavano in orge. In questo caso la festa portava non ad un rinnovamento spirituale, ma all’inizio dell’anno agricolo e alla nuova fertilità.
A Carnevale grandi e piccini si mascherano.
Travestirsi è certamente uno dei giochi che i bambini amano molto e su questo argomento sono stati condotti diversi studi psicologici.
Mascherarsi fa bene ai più piccoli, sviluppa la fantasia, permette di essere qualcosa di diverso dal solito e accresce anche lo stare insieme tra i compagni. Trasformarsi in un personaggio diverso permette di sviluppare nuovi aspetti della personalità, conoscendo e sperimentando altre caratteristiche del proprio “io” e ad agire attraverso di esse. Indossare un costume da Uomo Ragno o da Fata può, quindi, aiutare un bambino normalmente timido ed insicuro ad acquisire fiducia in sé stesso e nelle sue capacità. Quando il bambino è piccolo, spesso non ha predilezioni particolari riguardo il personaggio o l’animale che potrà “interpretare”, a volte può anche non amare il travestimento e soprattutto il trucco, poiché non riconosce il proprio viso e può avere  paure ed insicurezze. In questo caso è importante non costringere il bimbo, ma spiegargli che è un gioco e tutti indosseranno abiti colorati. È intorno ai tre anni che il bambino diventerà più partecipe nella scelta del costume attendendo il Carnevale con gioia e trepidazione. La scelta del costume incoraggia lo sviluppo della fantasia e l’immaginazione.
Il Carnevale, infatti, può diventare un’ottima occasione per trascorrere del tempo insieme ai nostri figli creando il costume dei loro sogni, dalla progettazione alla realizzazione. Sicuramente non sarà perfetto ma parlerà di noi del tempo trascorso insieme, delle risate e delle fatiche che lo hanno accompagnato! Il loro essere imperfetti è quello che amano di più,  essi  mostreranno con orgoglio i loro vestiti dicendo “Ti piace? L’ho costruito insieme a mia mamma!” Travestirsi è un passo importante per lo sviluppo emotivo e cognitivo del bambino e potremmo, come accade spesso negli asili e scuole dell’infanzia, creare un piccolo angolo in casa in cui metteremo abiti, cappelli, sciarpe, borse per inventare storie  con personaggi nuovi, per dare la possibilità al piccolo eroe di utilizzare la fantasia. È utile tenere a disposizione anche uno specchio così che potrà contemplare la sua identità nuova e giocare con quella.
Mascherarsi, dunque, fa bene ai più piccoli permettendo di essere qualcosa di diverso dalla routine.
E gli adulti cosa pensano del Carnevale?
Non è una festa solo per i più piccoli, spesso uomini e donne vanno a feste in maschera, sfilate, eventi, cercando anch’essi di liberare la propria fantasia. Giocare ad “essere qualcos’altro” dà la possibilità di accedere a delle parti sconosciute della propria personalità e di rappresentarle. Mascherarsi può essere anche un modo per scoprirsi, per allontanare qualcosa che temiamo, nascondersi dietro la sicurezza di una maschera per poter fare ciò che in altri giorni dell’anno non viene fatto.
“Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero” diceva Oscar Wilde, evidenziando come in molte occasioni il proprio pensiero si esprima più facilmente nella sicurezza dell’anonimato.
Mascherare o meglio rappresentare se stessi non avviene solo nelle giornate di carnevale. Apparire, nascondersi, mostrare parti di sé attraverso delle maschere avviene anche nell’arte e in questo senso il teatro è uno dei luoghi dove tutto questo avviene. Ma anche la vita è un grande palcoscenico. Quando si chiede a qualcuno di “togliersi la maschera”, viene chiesto di mostrarsi per quello che è.
La doppia funzione della maschera è che in realtà da un lato permette di nascondere alcuni aspetti di sé, dall’altro sicuramente permette di rivelarli. Purtroppo spesso si resta ingabbiati dentro alcune frasi: “Chissà cosa penserà la gente”, “Chissà cosa diranno di me” ecc..; in queste situazioni la nostra attenzione è rivolta prevalentemente all’evitare di ricevere un giudizio negativo dagli altri piuttosto che all’impegno nella costruzione di un sé spontaneo e autentico. Il rischio più grande è di perdere se stessi: per ricevere un giudizio positivo da parte degli altri è necessario soddisfare le loro aspettative. Aspettative che possono diventare sempre più impegnative.
In questo senso  si può “utilizzare” il Carnevale come un grande laboratorio teatrale di conoscenza di sé.
Dal punto di vista psicologico la maschera rappresenta un filtro tra la nostra coscienza individuale e l’esterno: coppia, famiglia, società. C’è una maschera dove c’è una relazione, un’interazione umana: solo quando siamo da soli non ne abbiamo bisogno.
La maschera è comunemente conosciuta come uno strumento utilizzato prettamente negli ambienti teatrali, a partire dal teatro greco e latino per poi diffondersi con successo nella commedia d’arte italiana del Cinquecento. Tuttavia, la maschera rappresenta un oggetto molto usato anche in alcuni approcci psicoterapeutici. Le maschere ci aiutano ad immedesimarci nei vari ruoli in cui la società ci chiama, ad agire e relazionarci nel nostro ambiente di vita. La persona che “diventa” il proprio corpo, il proprio ruolo sociale o familiare, il proprio lavoro,  la propria missione, si identifica con la maschera in modo così totalizzante da dimenticare che sotto ci sia mai stato qualcosa.
Spesso la maschera è un meccanismo di difesa, innescato in seguito ad una situazione di forte dolore.
Carl Gustav Jung, nelle sue formulazioni sui temi universali (archetipi) dell’inconscio collettivo, individuò in quella che chiamò “Persona” (nel senso etimologico di maschera) quel ruolo o copione che ognuno svolge in determinate circostanze per rispondere alle richieste del mondo esterno.
Un’eccessiva rigidità della Persona, e quindi della maschera, corrisponde ad un’eccessiva identificazione con essa a discapito di tutto ciò che non le si conforma relegato nella parte “Ombra” della personalità (Jung, C.G., Tipi psicologici, 1971, Opere vol.6).
Adottare invece in maniera flessibile e non rigida una maschera per poter uscire e rientrare nei diversi ruoli sociali esprime coerenza e continuità del sé a garanzia di un senso di identità relativamente stabile che può sfruttare attitudini e capacità personali in accordo con le proprie ambizioni e i propri progetti (Kohut, E., La guarigione del sé, Boringhieri, 1980).
Possiamo chiederci come essere più forti del giudizio del mondo esterno?
Per provare a stare nel mondo relazionale in modo autentico, sincero, vero con gli altri, per incontrarli realmente per ciò che siamo piuttosto che su quello che gli altri vorrebbero che noi fossimo, possiamo provare a essere più spontanei, provare a  dire ciò che pensiamo gradualmente giorno dopo giorno; possiamo imparare a distinguere tra chi ci critica e ci procura imbarazzo, senso di inadeguatezza, colpa, ansia e tra chi invece ci critica costruttivamente perché tiene a noi stessi, al nostro benessere ad aiutarci. In conclusione possiamo dire che ben venga il Carnevale, festeggiamolo e “giochiamo” un pò a diventare un altro purchè sia un bellissimo momento di svago.