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Intervista al Prof.
Massimo Andreoni
Direttore della UOC di Malattie Infettive, Policlinico Tor Vergata, Roma

Professore Andreoni, perché si parla oggi della necessità di un nuovo piano pandemico?
Perché se vediamo la storia recente nel 1980 abbiamo avuto l’inizio della pandemia dell’AIDS che è tuttora presente. All’inizio degli anni 2000 abbiamo avuto la prima pandemia da Coronavirus, quella da Sars Cov-1 e nel 2020 abbiamo avuto la seconda pandemia da Sars Cov-2. Quindi possiamo dire che circa ogni 20 anni abbiamo un evento pandemico. Gli eventi pandemici sono quasi inevitabili oggi, perché in un mondo sempre più globalizzato in cui le persone si spostano con estrema facilità e quindi un’eventuale epidemia che nasce in qualsiasi parte del mondo si diffonde con estrema rapidità, dall’altra parte abbiamo un mondo sempre più urbanizzato in cui le persone vivono in grandi metropoli sempre più a stretto contatto fra di loro ma soprattutto sempre più a stretto contatto con gli animali addirittura con gli animali selvatici che si stanno abituando a vivere all’interno delle città. Ecco in questo scenario la pandemia evidentemente si può diffondere con grande facilità.

E allora perché avere un piano pandemico?
Perché avere un piano pandemico in qualche modo puntualizza quali sono i piani di intervento da attuare immediatamente in caso di pandemia: quindi da una parte quando fare lockdown, potenziare i centri di ricerca per sviluppare i farmaci, sviluppare i vaccini, avere strategie sul territorio per avviare il più rapidamente possibile tutti quelli che sono gli interventi e nuovamente i vaccini oppure le terapie; poi il piano pandemico deve cercare di mantenere le strutture necessarie per intervenire nei confronti della pandemia, e quindi mantenere quella che è la rete di laboratori che devono essere presenti in tutto il territorio per eseguire una diagnosi che deve essere la più rapida possibile nei confronti delle nuove infezioni. Dall’altra parte mantenere una rete dei reparti, soprattutto quelli di malattie infettive, che evidentemente sono in prima linea per il contrasto della diffusione dell’evento pandemico